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Montalbano e la miopia del cinema italiano

Luca Zingaretti, di nuovo su Rai Uno con due episodi inediti de Il commissario Montalbano, parla del successo in tv della serie, mai considerata valida per il cinema.

Montalbano e la miopia del cinema italiano
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23 Febbraio 2016 - 11.08


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Luca Zingaretti vestirà ancora una volta i panni del commissario Montalbano in due nuovi appuntamenti sulla rete ammiraglia della Rai. L’ amatissimo commissario di Vigata, nato dalla penna di Andrea Camilleri sarò nuovamente il protagonista di due episodi: «Una faccenda delicata» in onda il 29 febbraio; e «La piramide di fango» in onda il 7 marzo. Questa volta nel ruolo dell’eterna fidanzata Livia, ci sarà la new entry Sonia Bergamasco. La regia sarà di di Alberto Sironi, per una produzione Palomar con Rai Fiction.

Nel 2008, dopo i primi dieci anni d’inimitabile successo (i 26 episodi de il Commissario Montalbano), Zingaretti pensò seriamente di mollare tutto. «Credevo fosse arrivato il momento di dire basta. Non volevo finire per essere identificato solo con questo personaggio. Il che, per una parte di pubblico, è effettivamente accaduto. Ma poi ho capito che ci sono tanti tipi di pubblico: quello cinematografico, quello teatrale… E che non concedersi più un ruolo simile, che dà tantissimo professionalmente e umanamente, sarebbe stata una follia».

Interrogato sulle motivazioni di un successo così grande della serie, risponde: “Non lo so è l’ovvia risposta -; o forse sì. Forse è la capacità di Camilleri di popolare una Sicilia arcaica e immaginifica con personaggi reali e contemporanei. Forse è la capacità di Sironi e degli sceneggiatori di mantenere il personaggio meno letterario e più giovane di quello dei romanzi. Forse è il carattere indipendente di un protagonista, che non segue le seduzioni esterne ma solo le proprie necessità interiori. E in questo modo fa sì che gli uomini vorrebbero assomigliargli. E le donne averlo vicino a sè».

Poi spiega che negli anni non è cambiato neanche il modo in cui le sceneggiature vengono proposte all’approvazione di Andrea Camilleri: «Andiamo a casa sua, gliele leggiamo da cima a fondo, annotiamo scrupolosamente tutte le sue osservazioni. Alla fine della lettura di Una faccenda delicata (che è tratto da un insieme di racconti, e non da un unico romanzo) il maestro ha commentato: Voglio sia messo a verbale che di questa sceneggiatura non dev’essere cambiata una sola parola».

Sempre snobbato dal cinema, il commissario Montalbano rappresenta un caso emblematico di come questo non riesca a captare le istanze e i gusti degli spettatori. Un miopia sconcertante, basti guardare i dati eccezionali del commissario di Vigata in tv: la media d’ascolto complessiva delle prime visioni è superiore al 31% di share con 8 milioni di telespettatori. Gli ultimi 4 episodi hanno ottenuto il 36% con più di 10 milioni di spettatori. Ed è stato venduto in 65 paesi, dagli Stati Uniti al Giappone. Il tutto dovuto alla qualità di scrittura e alla bravura degli attori non ritenuti però all’altezza per un esordio sul grande schermo.

A tal proposito Zingaretti: “Penso che il cinema vent’anni fa si sarebbe impadronito dei racconti di Camilleri. ». E al riguardo, Sironi e il produttore Degli Esposti rivelano che già da alcuni anni Camilleri ha scritto l’ultimo romanzo di Montalbano, definito dalla agente Carol Levi «perfetto per essere fatto al cinema piuttosto che in tv». Per ora il libro, che è inedito, e ha titolo e trama top-secret, «è conservato nella cassaforte dell’editrice Sellerio, e non pare destinato alla pubblicazione». Il motivo sarebbe da rintracciare nella volontà di Camilleri di dare un addio postumo alla propria creatura, simile a quello che già Agatha Christie predispose per il suo Hercule Poirot. L’ultimo romanzo sul commissario deve decretare la morte di Salvo Montalbano ed essere pubblicato dopo la scomparsa del suo inimitabile autore.

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