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7 Minuti: quanto si può ridurre un diritto

7 Minuti è il nuovo spettacolo di Ottavia Piccolo, sul testo di Stefano Massini e la regia di Alessandro Gassman, in scena al Teatro Arena del sole di Bologna.

7 Minuti: quanto si può ridurre un diritto
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21 Novembre 2014 - 15.17


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di Chiara D’Ambros

“7 Minuti” è il titolo del nuovo spettacolo che vede protagonista Ottavia Piccolo, in scena in questi giorni al Teatro Arena del sole di Bologna con altre 10 attrici, su un testo di Stefano Massini, regia di Alessandro Gassman. “7 minuti” rappresentano il fulcro della discussione animata da Bianca, interpretata appunto da Ottavia Piccolo, operaia sessantenne, rappresentante del consiglio di fabbrica. “7 minuti” di tanto la nuova proprietà di una fabbrica tessile chiede alle operaie di ridurre il loro intervallo durante il lavoro.

Le 11 operaie che vediamo in scena, si sono riunite per decidere se accettare o meno questa riduzione della pausa. Bianca si trova a cercare di convincere le colleghe a contrastare le ingiustizie e le prevaricazioni della nuova proprietà ma si trova di fronte a non poche resistenze.

“Ma tu per un’idea vuoi mettere in discussione il lavoro che è una cosa concreta?”

Così si rivolge una giovane operaia a Bianca, che seppur combattiva, si sente impotente, rimane esterrefatta dalla posizione delle colleghe e ne denuncia la tendenza alla semplificazione di ogni cosa. Per questo motivo cerca di creare nell’assemblea uno spazio di riflessione vera e di dialogo: “Per amore della democrazia – dice lei stessa – della necessità di difendere i propri diritti”.

Ma lo scontro sembra inevitabile, tanta la disparità di visioni dovuti alle differenze generazionali e alla diversa cultura di provenienza delle operaie.

Il testo di Massini riprende un fatto realmente accaduto in una fabbrica francese nel 2012. La messa in scena di Alessandro Gassman è realistica, le operaie vestono camici da lavoro e discutono in un ambiente di fabbrica mentre, in locali contigui la produzione sta proseguendo. Tuttavia il naturalismo non intende evocare la cronaca della vicenda, le luci azzurre dilatano il tempo aprendo ad uno spazio in cui la discussione riesce a prendere vita e mostrare quanto sia radicale la frammentazione sociale.

11 attrici interpretano 11 personalità, 11 storie. Le giovani si scontrano con Bianca perché la vedono come “Una privilegiata che tra pochi anni andrà in pensione, loro no, loro – dicono – non si possono permettere di battersi per i propri diritti, per la propria dignità e rischiare di perdere il lavoro”. Bianca resta incredula: “Come si è arrivati a questo punto, in cui non si riesce a essere “noi”, in cui per salvarsi si annienta l’altro?” E’ sicura della necessità di far valere le proprie ragioni sebbene, tra tanti sentimenti che la agitano in questa notte di discussione, sia presente anche in lei la paura dell’incertezza del domani.

Ma anche uno stesso sentimento come la paura in questo gruppo si rivela evocare e appartenere a mondi differenti, imparagonabili l’uno all’altro. La sua, per esempio non può essere la stessa di una collega africana che ha conosciuto la paura di non riuscire a sopravvivere nel suo paese e che argomenta la sua difficoltà nel porsi contro la proprietà dicendo: “A chi è costata la mia salvezza? Voi non lo potete capire.”

Tante storie traspaiono da questa vicenda per “Un teatro che si assume la responsabilità di parlare del presente”, spiega la Piccolo che torna a parlare di ingiustizia e di donne pochi giorni prima della “Giornata contro la violenza sulle donne”, che sarà il prossimo 25 novembre. E convinta che il teatro abbia la forza di portare alla luce delle problematiche sociali e possa far riflettere, aggiunge: “L’assemblea che si crea nel palco fa partecipare anche il pubblico, sebbene non lo coinvolga direttamente”. A testimonianza di questo rapporto che si crea con il pubblico, ha raccontato un episodio accaduto nella prova aperta di Narni, qualche giorno fa: “In platea c’erano molti giovani studenti di 16-17 anni e dopo lo spettacolo ho trovato un gruppo numeroso di loro ad aspettarmi davanti al teatro. Ingenuamente pensavo fossero lì per gli autografi e certo non sono mancati assieme ai selfie e ai complimenti, ma questi ragazzi volevano anche e soprattutto mostrare il loro disappunto “Perché – mi hanno detto – alla fine pensavamo ci sarebbe stato un dibattito, perché in questo spettacolo si parla di noi, del nostro futuro e della rapporto con la tua generazione incarnata da Bianca, a cui vorremmo chiedere: Che mondo ci avete lasciato? Cosa possiamo fare ora?”

Lo spettacolo prodotto da Ert, Emilia Romagna Teatro, Teatro dell’Umbria e Teatro Veneto, ha debuttato ieri 20 novembre resterà in scena a Bologna fino a domenica 23, per poi iniziare una lunga tournée in tutta Italia.

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