Sono tante le posizioni politiche e i comportamenti che Donald e Giorgia condividono. Ci sta: entrambi sono di destra; entrambi nazionalisti che hanno in sprezzo ogni aspetto della globalizzazione (Maga-Magò). Basta guardarli quando si guardano. Questione di feeling. Ma c’è una cosa che li unisce davvero, che li affascina e al contempo li diverte: prendersela con la stampa. Con quella libera, s’intende. Lui con quella statunitense, lei con quella italiana.
L’agenzia Reuters riferisce di due siparietti colti nel più generale spettacolo della Casa Bianca. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ammicca l’amico Donald Trump sussurrandogli – raccontano diverse testate riprendendo la prestigiosa Agenzia – quanto non ami parlare con i media nazionali. Parole catturate dai fuori onda e che sono state poi rilanciati dai social.
Se il presidente finlandese Stubb si dice stupito di come Trump abbia aperto le porte del vertice di Washington sulla guerra Russia-Ucraina ai giornalisti, la premier italiana, che ci tiene ad esser la prima della classe, dice con un sorrisetto stampato sulla faccia: “Ma a lui piace. Gli piace sempre. Io invece non voglio mai parlare con la stampa italiana”. Nella conferenza che segue il Presidente degli Stati Uniti chiede ai (selezionati) giornalisti presenti: “Ragazzi volete fare qualche domanda?”.
Già rivolgersi ai giornalisti chiamandoli “ragazzi” per mostrare familiarità, non è un bel dire. Ma Lui è fatto così e non ne fa mistero tant’è che nella prima conferenza stampa aveva trattato i giornalisti del suo Paese come faziosi e incompetenti. Meloni, tanto per cambiare sussurra, anche in tal occasione, all’orecchio del presidente Usa: “Penso sia meglio di no, siamo troppi e andremmo troppo lunghi”.
Non c’era bisogno di andare in America per scoprire questa marcata tendenza della Premier italiana. Odia le conferenze stampa. Odia rispondere alle domande dei giornalisti. Manda gli eletti della sua ristretta truppa in giro per i talk-show a lodarne la bravura e la statura. Internazionale, intendo. Ama poco parlare anche in Parlamento: spesso e volentieri diserta la richiesta di chiarimenti affidandosi o a note stampa o a dichiarazioni in video.
Ma la colpa non è solo loro. Anche noi giornalisti abbiano le nostre. A partire dal nostro Ordine, troppo benevolo con quelle testate e quei colleghi che anziché informare producono solo propaganda, usando spesso linguaggi e titoli degni dei più noti haters.