di Lorenzo Lazzeri
Non è la prima volta che L’Associazione Librai Italiani (Ali) prova a smuovere il sistema, lo aveva già fatto nel 2009, e questa volta lo fa attraverso la presentazione di un “Manifesto dei librai“. L’obiettivo del manifesto è quello di coinvolgere i più giovani aiutandoli a diventare assidui consumatori di libri con il focus centrale che riguarda l’istituzione del ruolo del libraio all’interno delle scuole.
L’Associazione sostiene che il libraio debba essere un consulente culturale, non solo un fornitore di libri. Attualmente, ciò è complicato da una burocrazia che impone a editori e librai una mole eccessiva di documenti per operare nelle scuole. Per questo, chiedono una semplificazione amministrativa, affinché le librerie possano portare la loro esperienza e passione direttamente nelle scuole, promuovendo così la lettura. Nel manifesto, si sottolinea anche che gli editori devono produrre libri e favorirne la distribuzione, ma senza sostituirsi a chi quotidianamente quei libri li presenta, li consiglia e li vive.
La lettura, secondo Paolo Ambrosini, presidente di Ali Confcommercio, non è ancora pienamente valorizzata né dalle istituzioni scolastiche né dalle famiglie. Per questo, ha osservato Ambrosini, “occorre lavorare insieme ad autori, librai ed editori per fare percepire il grande valore che ogni libro porta con sé“.
Confrontando i dati dell’Italia con quelli degli altri Paesi europei, la necessità di tali interventi risulta evidente. Nel 2022, la media europea di individui oltre i sedici anni che avevano letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi era del 52,8%. L’Italia si attestava al 35,4%, appena sopra Cipro e Romania, che chiudevano la graduatoria. Questo dato contrasta nettamente con Paesi come il Lussemburgo, al 75,2%, e la Danimarca, al 72,1%, evidenziando un divario significativo.
La riduzione delle abitudini di lettura tra i giovani italiani, bisogna dire, dipende da vari fattori. La lettura viene spesso percepita come un obbligo scolastico anziché come un’attività ricreativa e culturale. Vi è poi, in Italia più che altrove, l’influenza crescente della cultura visiva e digitale, che ha mutato il consumo di informazioni e storie. Piattaforme come YouTube, TikTok e servizi di streaming offrono contenuti rapidi e sensoriali che richiedono un minore sforzo cognitivo rispetto alla lettura. Molti preferiscono la rapidità passiva di fronte allo schermo rispetto all’impegno attivo e più lungo richiesto dalla pagina stampata.
Il contesto scolastico italiano non aiuta quando trasforma la lettura in un compito obbligatorio e non lascia autonomia nella scelta dei testi, obbligando spesso a studiare opere lontane dall’immaginario giovanile. Anche l’influenza sociale può pesare perché quando la lettura non è valorizzata in famiglia o nel gruppo dei pari, è molto più difficile per i giovani sviluppare un interesse spontaneo. Infine, non va dimenticato che la lettura è anche un “lusso” per chi vive in contesti difficili dove mancano servizi, tempo, serenità economica. La lettura viene dopo. Se una famiglia deve lottare per arrivare a fine mese, comprare libri non è una priorità.
Quella della lettura è una sfida che richiede un impegno sinergico di scuole, famiglie, librerie e dell’intera comunità per reintegrare maggiormente il libro nel percorso di formazione individuale.