Quattro luglio, una celebrazione che cambia senso nell’America di Trump

Retorica patriottica e crisi democratica. Cosa rimane del sogno americano di indipendenza, libertà e uguaglianza nell’era della divisione e dell’autoritarismo.

Quattro luglio, una celebrazione che cambia senso nell’America di Trump
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4 Luglio 2025 - 10.11 Culture


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di Marialaura Baldino

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«God Bless America» dirà il presidente Trump durante i festeggiamenti di questo 4 luglio, quando negli Usa si celebra, ogni anno dal 1776, l’indipendenza dalla dominazione britannica. Negli anni, questa ricorrenza è diventata molto più che una celebrazione: è il simbolo fondativo di una nazione nata da un atto di ribellione contro il potere assoluto, da moti rivoluzionari che unirono, sotto un unico grido, la visione d’indipendenza comune alle tredici colonie, pronte a liberarsi dalla monarchia d’oltremare.

Libertà, uguaglianza e autodeterminazione sono i capisaldi scolpiti nella Dichiarazione d’Indipendenza e poi nella Costituzione degli Stati Uniti, che hanno ispirato generazioni non solo in America, ma nel mondo intero. Cosa resta, oggi, di quell’ideale? Quale traccia sopravvive dell’America dei Padri Fondatori in un paese fortemente polarizzato, profondamente ferito e segnato da diseguaglianze sempre più evidenti e trascinato politicamente, ancora una volta, dal tycoon?

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L’America di Trump non è l’America di Jefferson, di Madison o di Lincoln. E, anche se può sembrare tautologico, quella che abbiamo sotto gli occhi, o negli schermi, è un’America che sembra aver smarrito la bussola dei suoi principi fondativi; un colosso simbolo della democrazia moderna che ha costruito, negli anni recenti, il suo potere su una narrazione divisiva, populista e spesso apertamente autoritaria.

Sotto la retorica della “libertà” promossa da Trump si cela una realtà cupa: limitazioni dei diritti civili, soprattutto per le minoranze, e al diritto all’aborto; attacchi xenofobi contro immigrati e rifugiati, fino alle restrizioni al diritto di voto in molti Stati repubblicani; politiche economiche scellerate che hanno acuito il divario tra ricchi e poveri. L’America di oggi sembra determinata a restringere quegli spazi di partecipazione democratica che un tempo erano il suo orgoglio. Diventa, così, sempre più difficile riconoscere in questo scenario l’eredità di un Paese nato per garantire a tutti life, liberty and the pursuit of happiness (tradotto: vita, libertà e la ricerca della felicità. Un importante e famoso passo tratto dalla Dichiarazione d’Indipendenza, n.d.r.).

In questo quadro, é come se le celebrazioni di ogni 4 luglio andassero ad accrescere un’illusione di (falso) patriottismo, che riempie le strade di bandiere colorate, slogan, fuochi d’artificio e musica; un ritualismo che nasconde sotto al tappeto le lacerazioni profonde di una nazione che da trainante democratico sembra sia al tracollo ideologico, politico e sociale. 

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“Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza”, diceva Thomas Jefferson. Che è un po’ lo stesso prezzo che si paga per avere una Democrazia veramente funzionante. E in un’America che verte in tali condizioni, questa frase suona più come un monito che come un ricordo. Quel che resta è una Costituzione tanto antica quanto sotto pressione, un popolo diviso ma, in parte, ancora capace di reagire, una memoria storica e politica che rischia di essere tradita piuttosto che riscattata.

Serve, quindi, davvero un eterno tributo al passato se non si lavora per costruire un futuro più equo e giusto? Chissà che ne sarà poi di quel sogno da cui è nata l’America e nel quale, in fondo, abbiamo sempre creduto un po’ tutti.

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