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La nera motrice del giornalismo: quanto spazio occupa?

Abbiamo esaminato tre delle testate nazionali più lette e una trasmissione televisiva di attualità col fine di vagliare quanto spazio occupasse la cronaca nera. Ecco quanto emerso.

La nera motrice del giornalismo: quanto spazio occupa?
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Agostino Forgione Modifica articolo

5 Giugno 2025 - 18.52 Culture


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Che la cronaca nera sia una delle trattazioni giornalistiche favorite lo si capisce sfogliando un qualsiasi quotidiano. A imperversare tra le prime pagine sono sovente notizie di efferatezze di varia natura, da omicidi che vengono riscostruiti e narrati con dovizia di particolari, in cui spesso i dettagli più macabri sono quelli che maggiormente vengono messi in risalto, fino a scontri, volenze, risse e affini. Un atteggiamento che dipinge un paese molto più violento di quanto sia realmente e che comporta, come evidenziato in un nostro recente articolo, la percezione di un rischio molto più alto rispetto al reale, in barba alle statistiche che vedono i crimini violenti diminuire costantemente.

Per poter fornire alcune stime quantitative su questo fenomeno ho esaminato le pagine web di tre delle testate italiane più lette, quella di La Repubblica, del Corriere della Sera e di Libero, con l’obiettivo di verificare quanto spazio occupino le notizie di cronaca nera. Vista la struttura delle testate online, che non dispongono di pagine ben definite, è stata presa in considerazione la prima sezione di quest’ultime, dunque cosa appare in homepage e scrollando poco oltre. Le rilevazioni fanno riferimento alla giornata del 4 giugno e sono state effettuate alle ore 17:30.

Il primato del rapporto tra il totale degli articoli e quelli di cronaca nera spetta a La Repubblica. Nella parte principale delle homepage, che in tutto ne contava 15, ben 8 trattavano di cronaca nera. Più di uno su due. Un intero blocco in primo piano raggruppava ben cinque articoli sul delitto di Garlasco, di cui buona parte non riguardavano le indagini ma commenti esterne a queste. Seguono due articoli sulla morte del ragazzo colpito per mezzo di un teaser dalla Polizia a Pescara e uno sulla rivolta del carcere di Genova.

Il Corriere della Sera fa contare invece “solo” cinque notizie di nera sun un totale di trenta. La grande differenza rispetto quanto appena scritto riguarda il delitto di Garlasco, ritornato agli onori della cronaca di recente grazie alla riapertura dei fascicoli, che è trattato solo con un articolo. Segue un articolo sulle rivolte del carcere di Genova, uno sulla vigilessa uccisa a Bologna, un altro su un caso passato riguardante un bambino annegato a Belluno e l’ultimo sui funerali di Martina Carbonara.

Libero, giornale da sempre politicamente schiarato, segue invece tutt’altra strategia editoriale. La buona parte degli articoli sono a sostegno del Governo, con una parte di questi che promuove la scelta di non votare in occasione del referendum dell’8 e del 9 giugno. Su un totale di diciassette articoli solo uno è di cronaca nera e riguarda l’omicidio di Garlasco.

Per completezza abbiamo anche passato al vaglio una delle trasmissioni televisive di commento e attualità più seguite: trattasi di La vita in diretta, storico programma del palinsesto Rai1 trasmesso nel pomeriggio. Quanto è emerso è che nella puntata del 4 giugno, della durata complessiva appena inferiore a un’ora e mezza, quarantacinque minuti, dunque circa la metà, sono stati dedicati a servizi di cronaca nera. Quello di maggior durata, di circa mezz’ora, riguardava un approfondimento sui fatti di Garlasco, seguito da un altro servizio sui funerali di Martina Carbonara e da un terzo su un caso di stalking perpetrato da un uomo nei riguardi della madre.

Il quadro che emerge è dunque quello in cui la nera rimane, probabilmente assieme alla politica, la motrice del giornalismo. Alla base di ciò c’è sicuramente il forte impatto emotivo e sociale che questa garantisce, che si traduce in maggiori introiti per gli editori. Non bisogna dimenticare, infatti, che solo una minoranza dei lettori sottoscrive un abbonamento a un quotidiano online e che buona parte dei proventi deriva quindi dalla pubblicità. Ragioni di questo tipo portano a interrogarsi sul difficile rapporto tra deontologia e guadagni e su se in nome del profitto sia lecito contribuire alla diffusione di un clima di insicurezza e tenzione. Anche i lettori, ovviamente, hanno le loro responsabilità, pensarli inermi è un cliché comunicativo ormai ampliamente superato. E, probabilmente, è proprio da questi che dovrebbe partire una riflessione.   

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