Il fascino oscuro della violenza: come gli adolescenti confondono amore e controllo

È un'istantanea drammatica quella scattata dalla Fondazione Libellula. Dal rapporto emerge una "rape culture" purtroppo diffusa e generalizzata.

Il fascino oscuro della violenza: come gli adolescenti confondono amore e controllo
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30 Ottobre 2024 - 18.34 Culture


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A Milano, presso lo Step FuturAbility District, la Fondazione Libellula ha presentato i dati della Survey Teen 2024, un’indagine che getta inquietanti ombre sulla percezione della violenza tra i più giovani. Oltre 1.500 adolescenti tra i 14 e i 19 anni hanno risposto a domande su consenso, relazioni e dinamiche di potere, rivelando una visione spesso distorta di comportamenti che, anziché essere riconosciuti come violenti, vengono giustificati come “normali” o addirittura “romantici”.

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La gelosia, per esempio, non è vista come una forma di controllo da metà degli intervistati, mentre per il 32% delle ragazze e il 56% dei ragazzi è persino segno d’amore. Questa confusione tocca anche il consenso: uno adolescente su cinque non considera violenza toccare o baciare qualcuno senza il suo permesso, e per quasi uno su tre inviare messaggi insistenti alla persona che si desidera non è stalking.

La percezione distorta delle dinamiche di potere e di genere sembra ancorata a stereotipi culturali profondi, ereditati anche dagli adulti. L’indagine Istat (2018/2023) indica che il 40% degli uomini ritiene la vittima parzialmente responsabile in caso di violenza, una visione condivisa anche dal 14% delle donne. “Questa minimizzazione della violenza si innesta in quella che definiamo rape culture”, ha spiegato Fondazione Libellula, sottolineando come le giustificazioni sociali rafforzino un modello di aggressività, spesso maschile, considerato “normale” o persino inevitabile.

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Inoltre, il sondaggio rivela che molti ragazzi accettano come legittimo il controllo esercitato sul partner: un terzo degli adolescenti ritiene normale imporre limiti sulle amicizie, chiedere la geolocalizzazione o controllare i social altrui. Tale atteggiamento si riflette anche in una visione parziale della responsabilità: per un adolescente su quattro, reagire con violenza a un tradimento è comprensibile, e per uno su tre, se una foto intima viene diffusa, la colpa è anche di chi l’ha condivisa. Questa logica di victim blaming, ossia di colpevolizzazione della vittima, alimenta la giustificazione della violenza e il mancato riconoscimento del danno.

Le statistiche mostrano un’ampia esposizione alla violenza: un adolescente su tre ha subito commenti espliciti sul proprio corpo, e una ragazza su quattro ha ricevuto richieste sessuali indesiderate. Nei luoghi pubblici, sette adolescenti su dieci considerano la strada il luogo più pericoloso, mentre i social media superano per rischio i mezzi pubblici, specialmente secondo le ragazze.

Fondazione Libellula insiste sulla necessità di un’educazione al rispetto e al consenso. “Il coinvolgimento della scuola, ma anche delle aziende, è essenziale”, afferma Giuseppe Di Rienzo, direttore della Fondazione. “Dobbiamo creare una sinergia tra adolescenti, famiglie e istituzioni per promuovere una cultura del rispetto e prevenire comportamenti tossici e violenti”. Solo agendo su più fronti sarà possibile abbattere gli stereotipi che normalizzano la violenza e aiutare le nuove generazioni a costruire relazioni sane e rispettose.

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