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Alan Lomax, il collezionista di suoni

Dal blues al jazz, al rock al country, fino all’hip hop: tutti pagano un tributo al lavoro appassionato di Lomax. La sua ricerca incessante ha portato alla scoperta e alla costruzione della cultura americana e della sua musica popolare.

Alan Lomax, il collezionista di suoni
Fonte: G. Paul Burnett / The New York Times
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3 Giugno 2024 - 11.53 Culture


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di Pancrazio Anfuso

Si fa fatica a descrivere Alan Lomax come semplice etnomusicologo, seguendo le indicazioni delle enciclopedie su internet. Lomax ha dedicato la vita a documentare e a registrare la musica popolare americana, e poi quella del mondo intero, creando un gigantesco archivio multimediale che è oggi in parte visitabile sul sito theglobaljukebox.org.

Si tratta di testimonianze di inestimabile valore, raccolte in giro per il pianeta, riproducibili a partire da un mappamondo provvisto di nodi esplorabili che raccontano culture, epoche e tradizioni legate a gruppi etnici, popoli in movimento e radici piantate in ogni zona della terra.

Texano, nato nel 1915 ad Austin, Alan Lomax ha seguito il padre – che aveva cominciato prima di lui questa ricerca – nell’esplorazione dell’America profonda, battendo il territorio statunitense in cerca di documenti da registrare, con le tecniche disponibili di volta in volta, come cilindri in cera, acetati, registratori, telecamere, macchine fotografiche.

Una ricerca incessante, che ha portato alla scoperta e alla costruzione della cultura americana e della sua musica popolare, che sta alla base di buona parte della produzione musicale americana e mondiale dal ‘900 in poi.

Senza esagerare, come fa Sua Altezza Brian Eno, che sostenne che “senza Alan Lomax forse non ci sarebbe stata l’esplosione del blues e nemmeno Beatles, Rolling Stones e Velvet Underground”, è giusto sottolineare che dalla ricerca dei Lomax sono emerse figure centrali nella storia del blues, del rock e della musica folk americana.

Come Leadbelly, grande esponente del blues, fu scovato dai Lomax in un carcere dove stava scontando trent’anni di reclusione, poi graziato, e a lui si deve la conoscenza di classici della musica folk americana come Midnight Special.

O anche Muddy Waters, registrato per la prima volta dai Lomax nel 1941, quando faceva il raccoglitore di cotone nel Mississippi, diventato in seguito il padre del blues di Chicago e la grande influenza dei Rolling Stones e di tanti altri gruppi rock europei e americani.

E ancora Woody Guthrie, leggenda della musica folk americana, antifascista e padre putativo di Bob Dylan e di tutti quelli che si sono mossi sullo stesso crinale musicale, Bruce Springsteen in testa, fu registrato dai Lomax per la prima volta nel 1940.

Tre nomi scolpiti nella storia della musica dalla ricerca di Alan Lomax, che accumulava materiale su mandato della Biblioteca del Congresso, attirando l’attenzione col suo incessante apparire nei bassifondi, accanto ai diseredati. Il lavoro di Lomax, infatti, si svolgeva soprattutto nelle carceri, o a margine del lavoro dei campi, a rincorrere braccianti, lavoratori umili, gente esclusa dalla ricca società americana.

Una ricerca della musica migliore, che passava esclusivamente per i luoghi di sofferenza, secondo Lomax. Il suo lavoro ha subito (e subisce tuttora) critiche di metodo: cercando la musica che scaturisce dalla sofferenza egli avrebbe trascurato, secondo alcuni, di documentare compiutamente una parte della musica popolare. In realtà il suo lavoro si sviluppò gradualmente, fino a coprire quasi l’intero pianeta, non limitandosi alle radici della musica popolare americana.

La sua frequentazione dei bassifondi ha attirato l’attenzione dell’FBI, che lo ha tenuto per decenni sotto stretta osservazione, ritenendo, in epoca maccartista, che fosse un possibile sovversivo, in odore di comunismo. Rapporti ufficiali lo descrivono come uomo interessato solo alla propria ricerca, incurante del proprio aspetto fisico e poco interessato al denaro.

In realtà Lomax, nonostante un carattere ritenuto non facile, riusciva con semplicità ad entrare in relazione con le persone di cui documentava il canto e la condizione umana. Il clima pesante di quegli anni ha portato Lomax a uscire dagli USA e a spostare la sua ricerca in Africa e in Europa, frequentando lungamente anche l’Italia in compagnia di Diego Carpitella (viaggio documentato da diversi libri, filmati, foto e dal materiale raccolto in giro, raccontato dallo stesso Lomax nel suo libro L’anno più felice della mia vita – Un viaggio in Italia 1954-1955).

Non fu l’unico, Lomax: in tanti cercavano musica da incidere, negli Stati Uniti, per fare soldi, e in tanti ne seguirono l’esempio, anche in Italia, per documentare la tradizione musicale. Il tratto che lo distingue da tutti è la capacità di precorrere i tempi, accumulando la monumentale documentazione messa insieme con l’intento di renderla disponibile e accessibile al mondo intero, ben prima che si immaginasse di avere sottomano risorse come internet e le sue piattaforme, dove si possono pubblicare contenuti a piacimento.

Non si tratta, perciò, di tributargli meriti per aver reso possibile il suono dei Beatles, dei Rolling Stones o di Bob Dylan, quanto di dargli atto di aver reso possibile la conoscenza di tradizioni musicali che non avrebbero facilmente superato l’ambito in cui erano nate e si erano diffuse, documentando contaminazioni e incroci culturali che rappresentano l’enorme ricchezza, oltre che della musica folk planetaria in genere, di quella americana dell’ultimo secolo: dal blues al jazz, al rock al country, fino all’hip hop, tutti pagano un tributo al lavoro appassionato di Lomax.

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