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"Red Roses for Me" dei The Pogues: quarant’anni dopo

Cronaca di concerto celebrativo di memorie poetiche e ricordi di gioventù

"Red Roses for Me" dei The Pogues: quarant’anni dopo
Foto tratta dal Guardian
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8 Maggio 2024 - 14.30 Culture


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di Pancrazio Anfuso

Tutto esaurito all’Hackney Empire di Londra il 3 maggio scorso per l’evento organizzato da Spider Stacy, membro fondatore dei Pogues, a pochi mesi dalla scomparsa del compianto Shane McGowan. Si celebrano i quarant’anni dell’uscita dell’album d’esordio della band, Red Roses for Me, che le webrisorse datano a ottobre del 1984, ed è evidente la voglia di ballare e cantare ricordando gli amici che non ci sono più: oltre a Shane, anche Philip Chevron e Darryl Hunt, caduti di fronte al grandioso incedere del tempo. Perché i Pogues nel 2024, tra suoni sintetici, twerking e trionfi di effetti speciali, nei giorni in cui riparte la giostra dell’Eurofestival?

Perché i Pogues hanno agganciato il folk revival degli anni ’70, avendo in formazione polistrumentisti come Jem Finer ed ex-componenti di gruppi folk di chiara fama (Terry Woods che ha militato negli Steeleye Span) e lo hanno stravolto suonandolo col piglio punk di Shane, producendo una miscela esplosiva, concerti danzati fino all’ultima stilla di sudore e fiumi di alcol. Repertorio tra originali poeticissime composizioni di McGowan, scatenate e struggenti, citazioni da Brendan Behan e pezzi tradizionali irlandesi suonati rinunciando alle cornamuse, ma avvalendosi del tin whistle di Stacy e della pazza fisarmonica del Maestro James Fearnley.

Il concerto, visibile integralmente su youtube (cercare The Pogues & Friends – Red Roses for Me – Hackney Empire), riconcilia con la musica tradizionale e col rock, grazie al (consueto) giro di amici e collaborazioni che la band ha sempre attratto, con il suo approccio aperto e festaiolo, che tanta simpatia ha suscitato, inclusi estimatori ed epigoni, Dropkick Murphys su tutti.

Può sembrare un’eco nostalgico di un periodo passato, e forse lo è, visto che si celebra soprattutto l’assenza ingombrante di un personaggio da copertina del rock anni ’80 (ma Spider Stacy giura che Shane, da qualche parte, fosse presente, e forse lo era davvero): in quello che resta del grande show del rock celebriamo anche noi stessi. Se ci mancano gli idoli di gioventù è perché ci manchiamo, un po’, anche noi. E questo concerto, anche se visto su youtube, ormai veicolo principe di molti contenuti, strappa dal divano e invita alla danza, come se si stesse nell’aia a danzare una giga o un saltarello, cantando ritornelli antichi, poetici e romantici.

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