Sesso e orgoglio con Tracey Emin, bestie ibride con Giulia Cenci: l’arte al femminile è inquieta e sorprende | Giornale dello Spettacolo
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Sesso e orgoglio con Tracey Emin, bestie ibride con Giulia Cenci: l’arte al femminile è inquieta e sorprende

Eros, solitudine, femminismo, pittura con graffiti della star britannica. Animali strani e umanoidi della scultrice di Cortona: due mostre a Palazzo Strozzi a Firenze

Sesso e orgoglio con Tracey Emin, bestie ibride con Giulia Cenci: l’arte al femminile è inquieta e sorprende
In alto a sinistra “Exorcism of the last painting I ever made” di Tracey Emin a “Sex and Solitude”. Foto © Ela Bialkowska Okno Studio; a destra l’artista. Foto Stefano Miliani In basso a sinistra “Hollow Men” di Giulia Cenci e a destra l’artista. Foto Stefano Miliani. Tutte le opere e immagini a Palazzo Strozzi a Firenze
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Stefano Miliani Modifica articolo

14 Giugno 2025 - 13.13


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Due donne dell’inquietudine rendono ricordi e incubi con potenza inventiva e linguaggi radicali, fortemente personali. Entrambe si ritrovano a Palazzo Strozzi a Firenze con esposizioni approntate appositamente e con le cure del direttore della Fondazione Arturo Galansino.

L’installazione “Exorcism of the last painting I ever made” di Tracey Emin alla mostra “Sex and Solitude” a Palazzo Strozzi a Firenze. Foto © Ela Bialkowska Okno Studio

La prima e più nota è Tracey Emin, britannica nata nel 1963, star dagli anni ’90: ha prodotto un’antologica con dipinti e disegni, un video di animazione molto erotico, un’installazione, opere tutte molto efficaci e penetranti, più sculture che a parere di chi scrive sono meno sorprendenti. Una sessantina i pezzi all’insegna della fierezza del proprio lavoro: l’artista li ha radunati sotto il titolo “Sex and Solitude” come riferisce il neon azzurro sulla facciata nobile dell’edificio rinascimentale. Utile saperlo: l’appuntamento è vietato agli under 14 non accompagnati, prosegue fino al 20 luglio, la mostra è nel piano nobile più una grossa scultura nel cortile.

“Hollow Men” di Giulia Cenci in mostra a Palazzo Strozzi a Firenze. Foto Stefano Miliani

L’artista più giovane è Giulia Cenci, nata a Cortona nell’aretino nel 1988, dove lavora in un capannone nella fattoria di famiglia oltre a vivere ad Amsterdam: nel nuovo piccolo spazio a piano terra della Fondazione fiorentina Project Space ha disposto una dozzina di sculture di animali ischeletriti e deformi più sei quaderni di disegni sotto il titolo The hollow men, rimando esplicito a una significativa poesia del 1925 del poeta nordamericano naturalizzato poi inglese T. S. Eliot e ripresa (in inglese e purtroppo senza una traduzione in italiano) su un pannello della seconda sala. Fino al 31 agosto.

Una sala della mostra di Tracey Emin “Sex and Solitude” a Palazzo Strozzi a Firenze. Foto © Ela Bialkowska Okno Studio

Nel 1998 al britannico “Turner Prize”, forse il più rinomato concorso d’arte contemporanea al mondo insieme a quello della Biennale di Venezia, Tracey Emin propose il suo letto sfatto tra bottiglie, vestiti alla rinfusa, preservativi usati e altri oggetti a testimoniare un’esistenza caotica e senza meta. Fece clamore. Al caos Tracey Emin ha reagito con una felice capacità di disegnare e dipingere il corpo umano in chiave essenziale senza fronzoli, con una figurazione corrosa che la rassegna fiorentina bene attesta.

“Those who Suffer Love”, la videoinstallazione di Tracey Emin alla mostra “Sex and Solitude” a Palazzo Strozzi a Firenze. Foto © Ela Bialkowska Okno Studio

Le sue donne a gambe spalancate, mentre copulano o gioiscono in una pratica sessuale solitaria, con i segni accennati e corpi nient’affatto levigati; mostrano l’irruenza del desiderio, la disperazione, la solitudine e l’unione carnale con un timbro talvolta sottilmente melanconico e una costante: sono sempre bramose di vita 24 ore su 24. Inevitabile, come riporta il catalogo, pensare ai nudi erotici di Egon Schiele o al sesso della “Origine del mondo” di Gustave Courbet. D’altronde questi irruenti atti d’amore sembrano perfino in grado di indurre un uomo (talvolta qualcuno compare), a tentare di intuire l’intimo del femminile. In Tracey Emin “sesso e solitudine” risultano complementari nell’installazione della camera-studio pittorico a apparecchiata a Stoccolma “Exorcism of the last painting I ever made” tra scritte secondo i canoni del graffitismo, secchi di vernice, bottiglie di vino, l’armamentario della pittura e lattine vicino a un letto disfatto.

Visitatrici alla mostra di Tracey Emin “Sex and Solitude” a Palazzo Strozzi a Firenze. Foto Stefano Miliani

“La mia arte non è un gioco, è spirituale”, rivendicava l’artista alla presentazione alla stampa a marzo. “Non ho avuto una fede religiosa, mio padre era musulmano, mia madre atea di famiglia rom, oggi la mia fede è vivere”, raccontava ricordando di aver superato un tumore dopo che una diagnosi le dava sei mesi di vita.
La sua fede vera è l’arte. “Vengo da Margate, una cittadina di provincia povera dove l’arte ha cambiato l’economia e può cambiare le cose, non è decorazione. Sto facendo quello che posso, ho un programma per artisti residenti, sono arcistufa di lamentarmi con il governo, se non capisci chi è al potere sta a noi cambiare”, affermava decisa a Palazzo Strozzi Tracey Emin. Fino a schierarsi: Sono una femminista. Tra gli artisti gli uomini vengono pagati tre volte di più, non c’è uguaglianza. Ma non mi sono mai lasciata fermare: oggi le donne eccellono nelle arti e fra qualche secolo non ci sarà più differenza tra uomini e donne”.

Arturo Galansino e Giulia Cenci alla mostra “Hollow Men” a Palazzo Strozzi a Firenze. Foto Stefano Miliani

Nata a Cortona nell’aretino nel 1988, dove lavora in un capannone nella fattoria di famiglia oltre a lavorare ad Amsterdam, fuori dal giro degli addetti Giulia Cenci si fece notare alla Biennale di Venezia del 2022: in alto su aste tra i muri nel vicolo interno dell’Arsenale collocò strani animali deformi e ossuti insieme a temibili calchi di volti umani. Adesso i suoi animali che, con un volo pindarico, possono rammentare le mutazioni del regista David Cronenberg sono convenuti nel palazzo fiorentino come “uomini vuoti” di Eliot, ripresi da quella poesia disperata in cui nei versi conclusivi il mondo non termina con una deflagrazione bensì mestamente: “È questo il modo in cui il mondo finisce / Non già con uno schianto ma con un piagnisteo”, come tradusse Roberto Sanesi in una edizione Bompiani del 1983 delle poesie eliotiane.

“Hollow Men” di Giulia Cenci in mostra a Palazzo Strozzi a Firenze. Foto Stefano Miliani

“Mi interessa la relazione tra individui come quelli di Eliot, che cercano di ritrovare sé stessi perché devastati e traumatizzati dagli orrori della guerra – commentava l’artista all’inaugurazione – Stavo lavorando a queste sculture quando ho letto la poesia: sono ‘hollow men’ nel senso in cui forse non riescono a percepire il terrore, sono troppo concentrati su una autoreferenzialità”.

Sculture di Giulia Cenci all’Arsenale alla Biennale di Venezia del 2022. Foto Stefano Miliani

Scatta una domanda: Giulia Cenci si ispira in qualche modo agli insetti o a film fantascienza, tipo il mostro di “Alien”? “Mi viene chiesto spesso – ha risposto a cronisti – Forse perché uso metalli e mescolo le cose. Però penso che questa sorta di confusione di elementi in una nuova forma sia una condizione molto più naturale che fantascientifica. Dentro di me più che alla fantascienza penso piuttosto al modo in cui le piante crescono, si ibridano, si riproducono”. Così l’artista infonde un fascino enigmatico, volutamente ambiguo, alle sue sculture. Forse per questo filtrano brividi di inquietudine: è difficile resistere all’impulso di scrutare tali ibridi da vicino e magari temerli o averli in simpatia.

Alla url di Palazzo Strozzi tutte le info: https://www.palazzostrozzi.org/

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