Il Vaticano alla Biennale d’architettura 2025: da noi si dialoga nello spirito di Francesco ed Eco | Giornale dello Spettacolo
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Il Vaticano alla Biennale d’architettura 2025: da noi si dialoga nello spirito di Francesco ed Eco

Il Padiglione della Santa Sede a Venezia è un luogo da vivere più che da guardare. Giovanna Zabotti, curatrice: “La bellezza nasce da chi vive questo cantiere comunitario”

Il Vaticano alla Biennale d’architettura 2025: da noi si dialoga nello spirito di Francesco ed Eco
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Stefano Miliani Modifica articolo

23 Maggio 2025 - 18.39


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Neon bianchi in verticale illluminano i veli che coprono le pareti. La luce dalle grate delle finestre si fa gialla, calda. Su delle assi vediamo materiali per dipingere o lavorare con le mani. Sui ponteggi restauratrici e restauratori lavorano a un antico altare. È un cantiere in corso. Coglie un certo spaesamento, uno stupore, mentre ci si muove nell’ex Casa di Santa Maria Ausiliatrice, complesso costruito dapprima nel XII secolo, diventato poi il più antico ospedale nel centro di Venezia.
Spaesamento e stupore perché, nello spazio concesso dal Comune che ne è proprietario e riaperto per l’occasione, il Vaticano ha collocato il suo Padiglione per la 19esima Biennale di architettura diretta da Carlo Ratti. L’ingresso è un semplice portale cinquecentesco: a fianco un pannello tra mura sbrecciate segnala lo spazio espositivo mentre poco più in là, sulla sinistra lungo il canale, ai primi di maggio uno striscione invocava la riapertura di una ludoteca per i bambini.

Il Padiglione della Santa Sede per la Biennale di architettura 2025 di Venezia. Foto Stefano Miliani

Siamo a Castello 450, Fondamenta San Gioacchin, nel sestiere appunto di Castello, tra l’Arsenale e i Giardini. La Santa Sede ha intitolato il suo Padiglione “Opera aperta”, richiamando Umberto Eco quando teorizzò sulla natura mutevole e modificabile delle opere della modernità. Il Commissario è il cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione della Santa Sede; le curatrici sono Marina Otero Verzier e Giovanna Zabotti; espositori il Tatiana Bilbao Estudio e Maio Architects.

Il Padiglione della Santa Sede per la Biennale di architettura 2025 di Venezia. Foto Stefano Miliani

Qualcuno insegna ad altri a dipingere o a modellare. Ci sono uno xilofono, un pianoforte, altri strumenti arriveranno. La luce bianca e gialla rimanda, forse, ai colori del Vaticano. Che non sfoggia “belle” (tra virgolette) architetture. Eppure da anni ha incoraggiato edifici eccelsi nel linguaggio del nostro tempo: valga la chiesa di Sambuceto presso Chieti di Mario Botta consacrata nel 2024. L’obiettivo è un altro.
D’altronde José Tolentino de Mendonça è poeta e nel Promemoria da attaccare alla porta del frigorifero scrive: “Le folle si trastullano / con i miracoli che accadono / nei libri contabili / tu cerca al contrario / stelle distinte / che trascinino sobbalzando / il peso del tuo aratro”. Ancorati alla terra, quindi, senza magniloquenza. Il Padiglione infatti non celebra monumenti e vuole essere un luogo d’incontro, suoni, dialogo, in grado di coinvolgere credenti di qualsiasi fede, atei e agnostici senza preclusioni. Il tutto in una discreta sintonia con lo spirito di “Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva”, la mostra ideata da Ratti per la Biennale.

L’ingresso del Padiglione della Santa Sede per la Biennale di architettura 2025 di Venezia (il 9 maggio). Foto Stefano Miliani

“Intendiamo arrivare a fine Biennale con una parte di Santa Maria Ausiliatrice risanata e restaurata, dice ancora Zabotti. Ogni martedì e venerdì teniamo un workshop con un terzo dei partecipanti aperto al pubblico, due terzi ad associazioni. Abbiamo un laboratorio per i bambini con l’università Iuav di Venezia. Si può disegnare perché l’arte può aiutare tantissimo: ad esempio a imparare che una crepa si può curare”. L’impostazione ricorda i principi di accoglienza cari a Papa Francesco: è così? “L’ispirazione è lui – conferma Giovanna Zabotti – All’ingresso trovate la sua enciclica sul prendersi cura della casa comune Laudato si’ che compie dieci anni. Però non è solo il concetto dell’accoglienza, è molto di più: siamo già tutti insieme”.

Una delle curatrici del Padiglione della Santa Sede per la Biennale di architettura 2025 di Venezia, Giovanna Zabotti. Foto Stefano Miliani

Le incursioni musicali sono affidate a rotazione a studenti del Conservatorio. Un giorno ha suonato la pianista Agata Bordignon: “Per noi strumentisti questi spazi sono molto importanti, racconta a globalist.it, perché, dato il numero degli studenti (io sono al terzo anno), in Conservatorio non sono sempre sufficienti. Qui possiamo provare, studiare, metterci alla prova e cercare di dare qualcosa a chi passa anche per pochi minuti”.

Agata Bordignon, pianista e studentessa del Conservatorio di Venezia, nel Padiglione della Santa Sede per la Biennale di architettura 2025 di Venezia. Foto Stefano Miliani

La menzione speciale. Una ultima annotazione. Insieme alla Gran Bretagna con “GBR: Geology of Britannic Repair” nella sua sede ai Giardini, il Padiglione della Santa Sede ha ricevuto una menzione speciale dalla giuria della Biennale 2025. Tra le partecipazioni nazionali ha vinto il Bahrain con “Canicola” all’Arsenale. Nessun riconoscimento per lo spazio italiano.

La recensione Biennale d’architettura 2025: siamo fottuti ma con le piante e le scienze possiamo salvare il pianeta. Qui l’indirizzo web:
https://giornaledellospettacolo.globalist.es/saperi/2025/05/11/biennale-darchitettura-2025-siamo-fottuti-ma-con-la-biologia-e-altre-scienze-possiamo-salvare-il-pianeta-le-foto/

I Padiglioni nazionali compresa la Santa Sede. Qui l’indirizzo web:
https://www.labiennale.org/it/architettura/2025/partecipazioni-nazionali

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