di Marco Buttafuoco
È andato via, a novantuno anni, Jimmy Cobb, ultimo dei superstiti della band che, leader Miles Davis, incise Kind of blue, un capolavoro assoluto della musica del ‘900. Questa volta non è stato il virus la causa della morte. Cobb aveva già da qualche mese problemi di salute (la famiglia aveva lanciato un appello per aiutarlo a pagare alcune cure). Aveva comunque continuato a suonare la batteria e a insegnare fino all’anno scorso.
Fu, la sua, una carriera lunghissima, che lo portò a lavorare con moltissimi grandi. Certo, la sua fama è legata alla militanza nel gruppo di Miles Davis (e John Coltrane), che raggiunse nel 1958 insieme a Cannonball Adderley. Della sezione ritmica di questo storico gruppo fecero parte anche il bassista Paul Chambers e, in momenti diversi, i pianisti Bill Evans, Red Garland e Wynton Kelly.
Il 2 marzo del 1959 un sestetto da sogno (Miles Davis, John Coltrane, Julian “Cannonball” Adderley, Bill Evans, Paul Chambers e il nostro Cobb), si ritrovò per incidere Kind of Blue. Miles non portò alcuna traccia scritta, fornì ai suoi alcune indicazioni sulle quali sviluppare un discorso musicale. Sembrava più un esperimento che non la nascita di un capolavoro assoluto. “Jimmy – dice Enrico Merlin, musicista e musicologo italiano che ha studiato in profondità la vicenda di Davis – mi ha sempre detto che lui e gli altri non si aspettavano un esito simile, tanta bellezza da indicazioni tanto scarne. Miles sapeva però sempre dove voleva arrivare e non è un caso che avesse scelto quella formazione per quel progetto. Ho sempre pensato che il ruolo di Cobb in Kind of Blue, sia stato sottovalutato dalla critica. Io penso invece che il suo drumming sottile, poetico (era un maestro dell’uso delle spazzole), frusciante abbia dato a quei cinque brani meravigliosi quella compostezza e quell’equilibrio ritmico che il leader chiedeva. Se dietro i piatti e i tamburi ci fosse stato Philly Joe Jones, il precedente e molto più estroso batterista di Miles, i risultati non sarebbero forse stati migliori. Philly fu batterista più grande ma non ebbe mai il lirismo di Cobb”.
Kind of Blue è, in effetti, un capolavoro di scarna poesia, di essenzialità di linee, un distillato di purezza.
Queste doti di accompagnatore discreto ed efficiente, la sua capacità di stare saldamente ancorato al tempo. Racconta ancora Merlin che Miles, durante i concerti, gli si avvicinasse e gli sussurrasse all’orecchio, per puro divertimento e per farlo arrabbiare, “Dai, Jimmy, suona come Philly Joe”. Quell’esperienza gli garantì una carriera piena di collaborazioni di prestigio e il rispetto di tutta la comunità musicale.