Claudio Scimone, il Maestro che dirigeva l'orchestra anche con un sorriso

Il fondatore dei Solisti Veneti se n'è andato all'improvviso. Un signore d'altri tempi con un curriculum straordinario che ha fatto la storia della musica

Claudio Scimone, il Maestro che dirigeva l'orchestra anche con un sorriso
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Gianni Cipriani Modifica articolo

6 Settembre 2018 - 14.41


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Non sono certo io, che pure sono un grande appassionato di classica, melomane perso e che non sono un analfabeta musicale, a poter parlare della cifra artistica di Claudio Scimone, fondatore e direttore dei Solisti Veneti e per molti anni direttore del Conservatorio di Padova.
Il Maestro è stato semplicemente un gigante e questo lo dice la sua storia di musicista fuori dal comune. Lo dicono i dischi, i concerti, quello che ha fatto per il pubblico e anche quello che ha fatto per ‘allevare’ generazioni di giovani musicisti.

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Io voglio parlare dell’amico che ho perso all’improvviso, della straordinaria persona d’altri tempi – detto nella migliore accezione – che in questi ultimi anni ha arricchito la mia vita con la sua preziosa presenza.

Parlare bene di chi non c’è più è, talora, un esercizio e una ritualità. Ma le poche persone care sanno quanto il legame con il Maestro fosse intenso e pieno di ammirazione.

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Ho avuto la fortuna di aver incontrato un grandissimo signore. Un persona la cui gentilezza e mitezza era pari alla sua grandezza artistica.

Ma lui era così nella vita e sul podio. Un giorno gli dissi che ero sempre rimasto colpito quando ero andato ai suoi concerti nel vedere come lui dirigesse l’orchestra spesso sorridendo, quasi in un rapporto di complicità con i suoi musicisti. Mi rispose citando come esempio una grande orchestra (che non nominerò) dove tutti suonavano alla perfezione, ma sempre impettiti, incupiti. E quella indubbia perfezione però difettava dell’umanità per la quale anche la migliore delle esecuzioni rischia di apparire ed essere percepita alla fin fine come meccanica.

Il Maestro ha rappresentato una delle eccellenze italiane anche perché la musica per lui non ha mai rappresentato un lavoro e nemmeno solo un amore, ma una vera e propria missione esistenziale. Fare musica e nello stesso tempo valorizzare i musicisti ma soprattutto portare la musica ovunque fosse possibile.

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La storia dei suoi Solisti Veneti è questo.

Ci eravamo sentiti a fine agosto restando d’accordo di vederci ad uno dei suoi prossimi concerti per stare insieme, parlare di tante cose e anche condividere le sue preoccupazioni per i Solisti Veneti che rischiavano di dover chiudere i battenti dopo decenni perché strangolati economicamente.

Una telefonata crudele mi ha avvertito che il Maestro era mancato all’improvviso.
Certo, potrei dire che muore la persona ma la sua arte resta. Restano i suoi dischi, restano i suoi insegnamenti. Tutto vero.

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Ma c’è il profondo dolore di non poterlo mai più vedere, mai più ascoltare. Nulla sarà come prima.

L’unica piccola consolazione è pensare che fino all’ultimo giorno abbia diretto i suoi amatissimi Solisti Veneti con il suo sorriso e la sua bonaria severità.

Una vita intera con la musica e per la musica.
Ciao Maestro (come ti chiamavo) ciao Claudio (come tu volevi che io ti chiamassi). E’ stato un onore aver conosciuto la tua umanità e un dono avere avuto la tua amicizia.

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La redazione del Giornale dello Spettacolo e di Globalist si uniscono al lutto per la scomparsa del Maestro e si stringono attorno alla famiglia e a tutti coloro che gli hanno voluto bene

 

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