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Festival: nella serata delle cover, casca l'asino‏

Solo qualche artista è riuscito a regalare un barlume pallido d’emozione rispetto a quelle che provammo al tempo, ascoltando gli originali

Festival: nella serata delle cover, casca l'asino‏
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13 Febbraio 2015 - 10.10


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di Piero Montanari

Ieri sul palco dell’Ariston è andata in onda la serata delle cover per i venti big in gara, che si sono cimentati nella riproposizione di brani classici della canzone italiana. Qui casca l’asino, perché quei brani sono parte della nostra Storia, ormai metabolizzati da ognuno di noi, e molti di essi occupano anche uno spazio importante, come si dice, nella memoria collettiva e nel nostro cuore. Il rischio della riproposizione per i cantanti era proprio questo confronto inevitabile con chi quelle canzoni, le aveva portata al successo.

Dico subito che salvo pochi di loro, e qualcuno è forse riuscito a regalare un barlume pallido d’emozione rispetto a quelle più forti che provammo al tempo, ascoltando gli originali. Chiara, ad esempio, che affronta un successo della giovane Caterina Caselli, Il volto della vita (che era già una cover di The day of Pearly Spencer di David Williams), sembra essere incapace di comunicare un’oncia di pathos. Leggevo questi giorni un commento di qualche amico che sosteneva la bravura di qesta cantante ma la scarsità dei brani: ecco, ora il pezzo ce l’aveva, come la mettiamo?

Nek, al contrario, di Se telefonando del grande Ennio Morricone, ne fa un’ottima interpretazione. Tira fuori voce, grinta, emozione, maturità e non sfigura con la versione di Mina, riproponendo il magnifico pezzo in chiave rock.

Altri discreti, come il Volo, con i tre tenorini a cantare Ancora di De Crescenzo che, lui si, quella volta ci piantò un paletto nel cuore quando, con la sua giacchettella a scacchi e l’aria da ‘Signor Nessuno’ arrivò sul palco dell’Ariston col bellissomo pezzo di Claudio Mattone. Avevo timore che i Tenorini la cantassero come avrebbe fatto Pavarotti, invece ci hanno sorpreso con una bella interpretazione moderna.

Per Biggio e Mandelli, idioti di professione, con la loro (anzi, di Cochi e Renato) E la vita e la vita, viene “staccato” dal Maestro un tempo troppo lento e la noia ci assale. La stessa noia che ho provato ascoltando il duo comico (?) Luca e Paolo che confermano, con la canzoncina un po’ macabra che rievocava i morti della musica leggera italiana, e lo sketch della coppia gay che si sposa, non la difficoltà di trovare testi divertenti e originali, che sono rara avis, ma la facilità sempre in agguato di scivolare sulla banalità più retriva, anche per un palco naz-pop come quello del Festival.

Una menzione speciale va al collegamento spaziale con l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, ormai visto anche da Fazio e quindi “bruciato” televisivamente, ma sempre sensazionale e curioso, soprattutto per il microfono che talvolta la simpatica Samantha lascia sospeso per alcuni istanti volteggiante nel nulla. Per la logica distanza tra la Terra e la stazione spaziale, le domande di Conti alla Cristoforetti arrivavano con un ritardo di alcuni secondi, lasciando il tutto in un silenzio imbarazzante. La prossima volta suggeriamo di insertare, nel tempo morto, alcuni minispot pubblicitari.

Le aziende Asi e Rai ringrazierebbero.

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