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Plexus, RomaEuropa Festival chiude tra visioni sospese e magia

Un corpo di donna attraverso i fili della propria vita. [Chiara D'Ambros]

Plexus, RomaEuropa Festival chiude tra visioni sospese e magia
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29 Novembre 2014 - 10.36


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di Chiara D’Ambros

Si chiude con lo spettacolo Plexus di Aurélien Bory for Kaori Ito, in scena fino al 30 novembre al Teatro Brancaccio, Romaeuropa Festival che per due mesi ha portato artisti di tutto il mondo in molti dei teatri della città.

Compare dal buio un figura chiara, schiacciata in proscenio da un drappo nero, è alle sue spalle, sembra un secondo sipario soffice, leggero ma avvolgente. Kaori Ito si presenta con una sottoveste rosa pallido, è ferma al centro del palco immobile ma attraverso un microfono e uno stetoscopio inonda lo spazio con il ritmo del battito del suo cuore. Come dirà dopo lo spettacolo il coreografo Bory: “Volevo fare un ritratto della donna, non dell’artista e non potendo vedere cosa c’è dentro di lei, ho pensato che almeno potevamo sentirlo”. Il drappo nero inghiotte, poi, la danzatrice che indietreggiando attraverso una fessura sembra tornare in un corpo che si scopre essere costituito da fili fitti, tesi al soffitto, una trama di fili solo verticali, in cui danzerà per il resto dello spettacolo. Perfetta nei gesti Kaori si fa bambola, sembra mossa da questi fili, un corpo manipolato che si accascia appena la relazione con la tensione dei fili varia o viene meno.

Kaori, nata a Tokyo ha iniziato a studiare danza classica a 5 anni, studi rigidi e forzati che ad un certo punto ha rifiutato ed è partita a 18 anni per New York alla ricerca della “sua danza”. Questo le è costato grandi sacrifici. La danza ha determinato e definito la sua vita e in un certo senso la perdita delle sue origini, del Giappone. In questo spettacolo, nato da un incontro intenso, di scambio e di riflessione Aurélien Bory e Kaori Ito fanno tornare ciò che sembrava perduto. Una ragazzina nelle mani della sua insegnante di danza che la costringe a movimenti che lei non riesce a comprendere – da qui è nata l’idea di questo cubo di fili – si ribella, la pedana su cui sta danzando diventa una barca che ondeggia nello spazio, sospesa a tutti i fili che illuminati diventano pioggia, il corpo vacilla ma non cade. Poi buio. Quiete. Fasci di luce disegnano sui fili dei grattacieli, con sforzo ma anche determinazione e potenza la danzatrice attraversa lo spazio diventando essa stessa un corpo di luce in certi momenti. Ancora tempesta, ancora un corpo ancorato alla terra si muove trascinando un grande drappo nero quasi fosse un dragone, una scia di nero che la avvolge e con lei si perde poi nel buio.
Tornata la penombra tutta la pesantezza si dissolve. La danzatrice ora è sospesa in aria, tra i fili, piano piano scivola a terra ma risale con la stessa determinazione e precisione di quando procedeva a terra ma ora con meno sforzo, meno resistenze, ora per provare a volare. Come la larva in un bozzolo si dimena quasi fosse sì sospesa e leggera ma intrappolata, ma è una battaglia necessaria. Il drappo nero del bozzolo alla fine si schiude, Kaori Ito vola.

Sin dal ‘600 proprio in Italia in teatro hanno iniziato a costruire le “macchine per volare” perché quello era il sogno dell’uomo – spiega Aurélien Bory durante l’incontro successivo allo spettacolo “appena fatto”, (ciclo di incontri che Romaeuropa ha organizzato dopo tutti gli spettacoli in collaborazione con Rai Radio3, ancora riascoltabili sul sito de “Il Teatro di Radio3”) – Lui, che nasce come fisico, sebbene non abbia mai voluto portare in teatro i suoi studi, in tutto il suo percorso artistico cerca di lavorare su gravità, elemento che in Plexus diventa centrale. In questo spettacolo dice di aver creato uno spazio in cui è quasi impossibile danzare ma è uno spazio che ti permette di volare. Plexus è nato da uno spazio vuoto, da un percorso che il coreografo ha compiuto lavorando con la danzatrice, su di lei, sulle sue esperienze, sulla sua vita e che ha messo in scena con l’idea di lasciare anche grande spazio all’immaginazione del pubblico, perché ognuno possa fare il proprio viaggio tra buio e luce, pesantezza e leggerezza, costrizione e libertà, attraversare tempeste, camminare e volare.

Alla domanda finale che una persona del pubblico ha fatto a Kaori Ito dopo lo spettacolo su come possa volare tra tanti fili cosi fitti, lei ha risposto. non ci sono trucchi: “You just need to be clever!” (Bisogna semplicemente essere perspicaci)

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