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L'eroina dell'indipendenza algerina: non voglio un film sulla mia vita

Djamila Bouhired, 82 anni, vuole bloccare il regista Ahmed Rachedi: usate la mia storia per fare propaganda all'attuale regime

L'eroina dell'indipendenza algerina: non voglio un film sulla mia vita
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21 Giugno 2017 - 13.02


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La guerra di liberazione algerina è stata feroce, con un carico insostenibile di vittime, molte delle quali erano estranee al conflitto, da entrambe le parti. Ma gli anni in cui gli algerini combattevano per riappropriarsi della propria terra ed i francesi lottavano per restare in quella che ritenevano parte integrante del territorio nazionale hanno costituito un’epopea in cui ciascuno ha saputo ritagliarsi un ruolo. Chi a buona ragione, per avere combattuto e sofferto; chi appropriandosi di una fama che non gli appartiene, ma che è politicamente utile.
Djamila Bouhired, 82 anni, è celebrata ancora oggi come una eroina della rivolta, Una donna dal carattere durissimo e dalla cristallina onestà che tutti le riconoscono, anche ora che gli anni trascorsi dalla Rivoluzione forse ne annebbiano il ricordo nelle giovani generazioni.
Una donna-simbolo che però sta costituendo un caso perché si è ribellata con tutte le sue forze ad un progetto che altri avrebbero accolto con entusiasmo e falsa modestia: un film agiografico che ne racconterebbe la vita, le imprese, il messaggio.
Il condizionale è obbligato perché Djamila Bouhired si sta opponendo al film, gridando forte il suo ”alt alla falsificazione della Storia ed alla profanazione della memoria dei nostri martiri”.
E dire che la vita di Djamila, per essere raccontata tutta, meriterebbe forse più d’un film. Basti solo ricordare che, nonostante fosse giovanissima, fu uno dei cervelli della campagna di attentati contro la comunità francese d’Algeria. Anzi faceva parte della struttura segretissima della resistenza incaricata di pianificare gli attacchi dinamitardi, preparare e collocare gli ordini in luoghi frequentati dai ”pied noir”, come erano chiamati i francesi nati e residenti in Algeria. A lei è stata attribuita la regia di due di questi feroci attentati, quelli al bar Coq Hardi e in via Colonna d’Ornano.
Nell’aprile del 1957, dopo essere rimasta ferita in una sparatoria con gli zuavi del nono reggimento (acquartierati nella casbah di Algeri) , fu catturata, torturata, processata. Per lei i giudici emisero una condanna a morte (Djamila fu una delle sei donne della resistenza condannate alla pena capitale) che non fu eseguita solo grazie alla campagna mediatica avviata in suo favore in Francia, tra gli altri da Jacques Vergès, che nel 1965 avrebbe sposato. Vergès (morto nel 2013) fu definito ”l’avvocato del diavolo” per i molti processi che lo videro difendere quelli che per molti sarebbero da collocare nel girone dei dannati:il terrorista libanese Georges Ibrahim Abdallah, l’ex capo della Gestapo di Lione, Kalus Barbie, il negazionista Roger Garaudy, il leader dei kmer rossi Kieu Samphan, il terrorista Ilich Ramirez Sanchez, il famigerato ”Carlos lo sciacallo”.
Djamila Bouhired, che non ha perso il suo spirito battagliero, ha chiesto ufficialmente che venga impedito al regista Ahmed Rachedi di girare il film che dovrebbe raccontare la sua vita perché ”si tratterebbe di una forzatura storica”, il cui fine sarebbe quello di celebrare la Guerra di liberazione”, ma con essa anche l’odierno potere.
Se sono i vincitori a raccontare la Storia, Djamila Bouhired non vuole che questa operazione di propaganda (decisa dal Governo anche per superare la crisi di immagine che grava su di esso) passi sopra di lei o, peggio, attraverso lei.
Lo stesso Rachedi viene tacciato d’essere un ”regista ufficiale” , specializzato in film storici, che hanno la ”fortuna” di essere sovvenzionati, riccamente, grazie a fondi pubblici e quindi, presumibilmente, girati non certo per distaccarsi dalla linea del governo e dalle sue finalità. Le frasi usate da Djamila Bouhired per contestare il film sono durissime e, insieme, molto esplicative: ”In un contesto di falsificazione disinibita che cerca di ritagliare una storia su misura degli usurpatori e dei falsari, questa operazione tenta, ancora un volta, di strumentalizzare la Guerra di liberazione nazionale al fine di legittimare il potere”.

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