Ha un carattere incisivo, tenace, determinato, Ivan Alovisio, trentaquattrenne torinese (ormai naturalizzato romano), diplomato alla scuola del Piccolo Teatro di Milano fondata da Giorgio Strehler e diretta da Luca Ronconi; e rivela già una certa predisposizione autoriale alla ricerca espressiva personale, all’incontro con una artisticità esplorativa che includa diverse stimolazioni creative di stili, forme, discipline, approcci: «Ho bisogno di riconoscermi nel lavoro e nelle scelte che faccio – spiega l’attore -. Perciò cerco di far coincidere il mio lavoro con il mio modo di concepire l’arte; in questo senso la recitazione è un mezzo che fa parte del mio percorso di crescita ma che non è e non sarà l’unico: ho in cantiere progetti di natura diversa come l’organizzazione di eventi culturali, la gestione di un’associazione culturale e la creazione di laboratori teatrali».
Rintracciabile attraverso l’agenzia antinori&partners, Ivan, conclusa la formazione accademica, matura una sempre più forte attrazione per la sperimentazione che lo accosta anche alla scena teatrale araba contemporanea accanto a Fadhel Jaibi, direttore del Teatro di Tunisi, e che si concretizza nella costruzione di “PointZero”, spazio culturale e laboratoriale del torinese, diretto insieme al pittore e scultore Walter Alovisio, dedicato a un’indagine artistica, comune e condivisa, che include, oltre al teatro, anche l’arte contemporanea e la relazione con l’ambiente.
Nonostante i pochi anni che lo separano dal percorso di studi, Ivan, dopo numerosi stage di recitazione e danza con (ne citiamo alcuni) Massimo De Francovich, Franca Nuti, Michele Abbondanza, Maria Consagra, calca il palcoscenico molte, molte volte con lavori in forma di spettacoli e saggi che vanno da “Il Misantropo” di Molière all’”Amleto” di Shakespeare, per la regia di Enrico D’Amato; dalla “La Piovana” di Ruzante, diretto da Gianfranco De Bosio, a “Il Re muore” di Eugenio Ionesco e regia di Pietro Carriglio; da “Settimo. La Fabbrica e il Lavoro”, scritto e diretto da Serena Sinigaglia a “Inappetenza” di Rafael Spregelburd firmato da Giorgio Sangati; dallo shakespeariano “Giulio Cesare” siglato da Carmelo Rifici ai recenti “Un Gabbiano” da Anton Cechov per la regia di Gianluca Merolli, e “Pilade“ di Pier Paolo Pasolini con regia di Daniele Salvo, che lo guida anche nel “Re Lear” prodotto dal Globe Theatre di Gigi Proietti.
Arrivano poi le collaborazioni con Maestri della scena italiana e internazionale come Peter Stein, che lo dirige nella sua maratona di circa dodici ore (con relativa tournée mondiale) de “I Demoni” di F. Dostoevskij, e Luca Ronconi che lo porta in scena ne “L’Opera seria” di Ranieri de Calzabigi, il “Ventaglio” di Goldoni, “Farheneith 451” di Ray Bradbury, il “Mercante di Venezia” di Shakespeare, e “Pornografia di Gombrowicz: «Riconosco in lui – ricorda Ivan – un uomo di grandissimo talento, genialità e cultura dal punto di vista artistico che mi ha insegnato tantissimo, soprattutto nel lavoro sul linguaggio, sulla parola e sulla lettura del testo. Ma dopo anni di collaborazione il rapporto con lui a un certo punto si è fratturato e ho deciso di allontanarmi. È stata una scelta sofferta che la mia personale ed emotiva delusione mi ha fatto prendere».
E se l’abbraccio autoriale con il teatro si è tradotto per Ivan anche nel debutto registico con “Bitch Boxer”, con drammaturgia di Charlotte Josephine, presentato in anteprima alla XIII edizione della rassegna “Trend – nuove frontiere della scena britannica” curata da Rodolfo di Giammarco, la carriera interpretativa prosegue anche con la televisione: dagli spot e dalle pubblicità a “Santa Barbara”, film TV diretto da Carmine Elia e prodotto da Lux Vide, alla serie su Rai 1 “Montalbano – Una lama di luce” per la regia di Alberto Sironi, alla fiction “Non uccidere”, regia di Giuseppe Gagliardi, recentemente in onda su Rai 3; mentre sul grande schermo affianca, tra gli altri, Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco e Toni Servillo in “Noi credevamo” di Mario Martone, a cui segue la commedia di Francesco Bruni “Noi 4” e “La notte non fa più paura” di Marco Cassini.
Alle spalle, intanto, un premio UBU per il miglior spettacolo dell’anno assegnato a “I Demoni” di Stein, un premio Hystrio alla Vocazione teatrale come miglior talento emergente, e l’impegno nella formazione culturale con laboratori artistico-educativi promossi dal Centro Giovani ARSDiapason, di cui è socio fondatore, diretto dalla neuropsichiatra infantile Germana Deleo. Il futuro? Si prevedono un laboratorio di teatro (a Torino e Roma) su testualità cechoviane; un progetto (“Tutte le donne di Arturo”) intorno allo sguardo femminile di Arturo Bandini, e la presenza, in primavera, al Teatro Argentina con il “Calderón” di Federico Tiezzi.