Non c’è salvezza, non c’è redenzione. La giustizia non è di questo mondo. Nemmeno la pietà.
Sicario è un film duro e puro e il suo sottotitolo lo chiarisce: ci sono guerre in cui non c’è confine tra bene e male.
Emily Blunt, Benicio Del Toro, Josh Brolin, tre assi per un poker dove nessuno vince, tutti perdono.
C’entra la solita Cia, i soliti narcos, i soliti poliziotti corrotti e stavolta c’entra anche l’FBI con la sua agente migliore, Kate (Blunt) che pensa davvero di potere salvar il mondo.
Medellin (Benicio) è immenso, il killer più cattivo dei peggiori sogni che potrebbe fare Tarantino ma questa volta il regista non è lui e nemmeno Steven Soderbergh, immediato riferimento mnemonico di questo nuovo Traffic, quello che gli valse l’Oscar nel 2001. Il regista, questa volta, è un canadese, Denis Villeneuve, già candidato cinque anni fa all’Oscar per ‘La donna che canta’.
Quello che mette in scena stavolta è un film asciutto, aspro ma mai pulp. Desolato, semmai, come in una scena agghiacciante, nei primi minuti. Colori caldi, a definire il Messico, a contrastare il gelo della storia.
Confini e droga, polvere e sangue, protocolli e balordi, Sicario riempie due ore senza mai darti scampo, le immagini catturano i tuoi occhi e le tue viscere. ‘Non è giusto!’ – ti ripeti – mentre la Cia spadroneggia dentro e oltre i confini degli Stati Uniti. ‘Non è giusto!’ – si ripete Kate vedendo Medellin che le spara addosso. Eppure è lui l’asso che la Cia si sta giocando contro i signori della droga messicani. Una medicina omeopatica letale. Il bene si confonde con il male come accade, del resto, sempre nella realtà. Non esiste forse Guantanamo? Non esiste forse il waterboarding? Tutto è permesso a chi dichiara di volere debellare il Male. Anche il Male. A trasgredire qualunque legge qui è la cattiva coscienza di un intero Paese che, con glaciale noncuranza, soffoca ogni più piccolo indizio di umanità, senza la minima aspettativa di sconfiggere il Male.
Kate non lo può accettare. Non lo accetterà, eppure si ritroverà prigioniera del sistema che l’ha nutrita, che l’ha fatta crescere, che l’ha gratificata.
Alla fine, come nella realtà, tutto è inutile. Anche la vendetta.