Mia madre: un film sulla coscienza di una nazione

'Mia madre' di Nanni Moretti esplora le radici del meglio della cultura italiana: studio, rettitudine, dignità, onestà. In una lezione senza tempo

Mia madre: un film sulla coscienza di una nazione
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14 Aprile 2015 - 07.59


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Di Marco Spagnoli
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@marco_spagnoli

C’è un momento chiave del film di Nanni Moretti intitolato Mia madre, in cui la colonna sonora utilizza il secondo movimento della composizione di Arvo Part intitolata Tabula Rasa, Silentium II.

E’, forse, quella la scena di “svolta”, in cui il climax della narrazione si declina verso un finale chiaro ed atteso, se non, forse, temuto.

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Anche se Moretti nega l’idea che Mia madre possa appartenere ad un’ideale trilogia del lutto in cui includere anche La stanza del figlio e Caos Calmo in cui, però, è solo attore e non regista, è evidente che questo film affonda le sue origini non solo nella biografia del cineasta romano, ma anche nel cuore e nel senso di una lezione culturale senza tempo che rimanda al meglio di quello che può significare essere Italiani.

Qualcosa già presente negli altri due film, sebbene, come spiega lo stesso regista La stanza del figlio era una “storia di fantasmi”, legata agli incubi e agli spettri che ogni genitore deve affrontare nella sua vita.

Senza volere fare del facile biografismo, Agata Apicella, madre di Moretti è stata una delle due donne della sezione femminile del Liceo Tasso di Roma che dopo la maturità decisero di proseguire gli studi all’Università. Le altre, complice anche la guerra imminente e il periodo storico con la cultura fascista antifemminista, rimasero a casa.

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Due donne – l’altra è l’avvocato Giovanna Cau su cui chi scrive ha avuto il privilegio e l’onore di girare un documentario intitolato Diversamente Giovane – capace, in maniera differente, di battersi per la cultura, il diritto, i valori in cui credevano e che hanno continuato a trasmettere alle persone che avevano intorno.

In questo senso, pur in apparenza più semplice rispetto a film come Il Caimano o Habemus Papam, Mia Madre è un film dalla grande complessità emotiva che arriva al cinema in 400 sale distribuito da Raicinema / 01 al “momento giusto” per ricordarci determinati valori e l’importanza del comunicarli alle nuove generazioni.

Un’interpretazione notevole di Margherita Buy come alter ego nemmeno troppo velato di Nanni Moretti (un po’ come Woody Allen con Kenneth Branagh in Celebrity o come Larry David L’uomo dei tuoi sogni) rende questo film un gioco psicologico ancora più prezioso ed emozionante.

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Una serie di elementi riflessi che appaiono prepotentemente nella sceneggiatura di Valia Santella e Francesco Piccolo che insieme a Moretti costruiscono un racconto semplice e moderno per celebrare una donna qualunque, una professoressa, che diventa il simbolo di una cultura senza tempo e un faro per generazioni di studenti.

Una consapevolezza che, alla fine del film, diventa il punto di partenza per una nuova visione del mondo e un rinnovato ottimismo: un principio di ‘speranza’ nel buio della rassegnazione alla fine della vita, per capire, come fece scrivere il filosofo Ernst Bloch sulla sua lapide che ‘pensare è andare oltre’.

Così fa Moretti con un film che, ancora una volta, grazie alla sua grande capacità di intellettuale e di osservatore flirta con l’immaginario collettivo di un’intera nazione e con la scusa del lutto, la obbliga a guardarsi allo specchio e a capire che cosa resta di noi e delle persone venute prima di noi.

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Un altro film importante, prodotto da Moretti insieme a Domenico Procacci, che riflette sul presente con grande dignità, ma anche senso dell’umorismo, parlando di cinema, di letteratura, di latino.

Un film sulle sfide e sui punti di forza di una cultura borghese progressista, vessata e messa in discussione da un’era di transizione, dalla crisi, dalla politica, dalla fragilità di questi anni che, come suggerito dal brano di Arvo Part, dopo avere fatto o affrontato la ‘tabula rasa’, potrà ritrovarsi in maniera ottimista e consapevole nel silenzio dell’anima cui allude il brano scelto da Moretti.

Mia madre rappresenta, dunque, la possibilità di guardare al futuro, riscoprendo il meglio non di noi stessi, ma di ciò che ci ha aiutati a diventare ciò che siamo. Un film profondamente italiano, e per questa sua identità, anche universale e pienamente coinvolgente.

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Il film dell’anno per quello che riguarda il cinema d’autore in attesa dei nuovi lavori di Sorrentino e Garrone.

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