È un film da Oscar come The Artist? Sicuramente no. “The Search”, la nuova avventura del francese Michel Hazanavicius, è però un film molto, forse troppo ambizioso.
Senza il precedente Oscar vinto, Michel difficilmente avrebbe trovato i fondi e il credito personale per riuscire a raccontare questa storia, cupa e lunghissima: 149 minuti.
La leggiadra, frivola e allegra vicenda di The Artist viene spazzata via nei primi fotogrammi di “The Search”. Esercito russo in Cecenia, 1999. Omicidi gratuiti, una aggressione senza senso ad un popolo inerme, i primi passi di Putin come premier sotto la presidenza Eltsin, scanditi dal terrore da portare nella più islamica delle ex Repubbliche sovietiche.
Quattro storie che si intrecciano: un bambino ceceno, sua sorella che lo cerca disperatamente dopo il massacro della famiglia, una giovane funzionaria frustrata della Commissione Diritti Umani che non ha una vita sua, un diciannovenne russo scaraventato nell’inferno della guerra.
La descrizione dell’abbrutimento umano sembra la principale preoccupazione di Hazanavicius e lo fa ripetutamente, in modo quasi ossessivo, inframezzando la miseria e l’orrore con sequenze di guerra sulle quali aleggia implacabile un fantasma, quello di Stanley Kubrick.
Forse è proprio questo il problema principale del film. “The Search” desidera, in ogni fotogramma, di apparire un film importante, definitivo, lapidario sulla guerra. Non ce la fa. Kubrick è realmente inarrivabile e ogni scena di Hazanavicius sembra solo una eccellente copia di quelle di “Full Metal Jacket”, ma senza la medesima anima.
Eppure alcuni attori sono straordinari, Maxim Emelianov nel ruolo del giovane russo che scopre l’efferatezza dell’uomo sotto le armi e, soprattutto il piccolo Abdul-Khalim Mamatsuiev, un vero prodigio neorealistico che incarna ogni bambino vittima delle guerre. Berenice Bejo e Annette Bening, le altre comprimarie non troppo convinte, sembrano ingaggiate più per la cassetta che per il risultato. La bellezza della Bejo, oltretutto, è totalmente fuori luogo in questa storia ma, del resto, è la moglie del regista e – si sa – la carne è debole.
“The Search” è un film di due ore e mezza ma sembra un documentario. La camera di Hazanavicius registra cadaveri e assassinii, distruzioni e violenze, miserie umane e slanci d’amore ma non riesce mai a trascinare, a commuovere, a indignare davvero. E’ un occhio troppo freddo che lavora prima di tutto per il proprio ego.
Rattrista, è vero, questa guerra dimenticata che si combatte ancora, lontana e sconosciuta ma la Cecenia è così remota nello spazio e nel tempo da risultare un’aliena per noi Europei che ce ne siamo fregati anche della guerra in Jugoslavia.
‘Questo non è il soldato Ryan’, dice un soldato russo in partenza per il fronte.
Nel bene e nel male, purtroppo per Hazanavicius, è proprio vero.
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