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Le Pagelle di Sanremo, gran finale

Vincitori e vinti di un festival che ha fatto il record di ascolti. Tra divi, donne barbute e mezze calze alla riscossa [Francesco Troncarelli]

Le Pagelle di Sanremo, gran finale
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15 Febbraio 2015 - 14.01


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di Francesco Troncarelli 9 a NEK

E’ arrivato secondo, ma ha vinto nelle radio e nel web. Il suo brano ha già il record delle visualizzazioni su youtube (oltre 600mila). Che ha grinta lo vedi dal capello irsuto che sprizza energia, e soprattutto da come ha affrontato il pezzo che propone. “Fatti avanti amore” che tanto Laura non c’è, è andata via, è un invito riuscito e raccolto dal pubblico. Standing ovation a un artista ritrovato e ad un brano sprint che venderà tantissimo e che ha il miglior arrangiamento.

[b]8 e mezzo a CARLO CONTI[/b]

Preciso, professionale, maratoneta ha confezionato il Sanremo più visto negli ultimi dieci anni. Un record incredibile. Tipo i tweet di Salvini. E’ stato il festival dei Migliori anni e lui ci ha sguazzato come un pesce. Sul comodino del resto ha il santino di Pippo Baudo, cui s’ispira e al quale chiede protezione la sera prima di andare a ninna. Lo chiamano l’uomo in grigio, ma coi numeri che ha ottenuto ha fatto sognare la Rai a colori. Carlo, stai sereno, lo rifarai. E stavolta non ci sarà la fregatura renziana.

8 e mezzo a TIZIANO FERRO

Bravo, carismatico, interprete vero, è il Massimo Ranieri del Terzo millennio. Nella prima serata dagli ascolti bulgari (un italiano su due era sintonizzato sul festival), coi suoi successi ha catalizzato l’interesse generale più delle canzoni in gara ancora da digerire. Un trionfo senza bisogno dell’Alka seltzer.

8 e mezzo a BIAGIO ANTONACCI

Superospite coi fiocchi ma senza calzini. Con quella faccia un po’ così e quella barba di qualche giorno un po’ così che lo fanno tanto selvaggio per la gioia delle sue fan, anche l’ex genero di Gianni Morandi ha elevato il tono medio basso della kermesse, con un medley dei suoi brani più noti e coinvolgenti e col sentito omaggio a Pino Daniele. Applausi. Meritati.

8 e mezzo a CHARLIZE TERON

Elegante, affascinante, e a sorpresa, ironica. La diva hollywoodiana è stata alle battute del Carlo nazionale e le ha lanciate a sua volta, dimostrando una carica di simpatia notevole come il suo charme. E’ il bel vedere del festival, senza se e senza ma.

8 e mezzo a WILLY SMITH.

Con un passaggio da autentica superstar dello spettacolo, si è messo al servizio dello show duettando con Conti. Della serie “Il ritorno dei Neri per caso”. Gli ha dato lezione di rap e poi ha cantato “Volare” con gli spettatori in platea. Ha persino elevato agli onori della ribalta il suo doppiatore Pino Insegno, con cui ha dato vita a una gag. Tra tante mezze calze presenti è emerso come un gigante. Ottimo e abbandonate per dirla con Albertone che di “ameregani” se ne intendeva.

8 e mezzo a ED SHERAN

Quando si è bravi basta una chitarra e la voce. Lui ha entrambe e ha dimostrato di saperci fare partendo dai pub inglesi e conquistando il mondo. Adesso ha conquistato anche il Belpaese. Bravo.

8 a IL VOLO

Ne hanno fatta di strada i tre tenorini. Ripuliti e corretti dalle tagliatelle di Nonna Pina-Antonella Clerici, grazie a Tony Renis, ora sono dei divi negli Usa e dopo la vittoria dei fenomeni anche da noi. Una prova di forza che ha rilanciato il bel canto all’italiana, un po’ romanza, un po’ musical, molto il Claudio Villa di “Granada” e il pop-lirico di Bocelli. “Grande amore”, per il pubblico generalista che ha sbancato lo share, sarà grande successo.

8 a SAMMY BASSO

Il festival l’ha vinto anche lui, questo diciannovenne affetto da progenia (la sindrome da invecchiamento precoce) che con la sua testimonianza leggera (si è messo anche gli occhiali da alieno, il top) e al tempo stesso profonda sul suo stato, ha dato una lezione di vita a tanti palloni gonfiati presenti all’Ariston. Forza Sammy, ti vogliamo bene

8 a VIRGINIA RAFFAELE

La comicità a Sanremo 2015. Con una Ornella Vanoni mummificata e acida da urlo e soprattutto con il virtuosismo che ha dimostrato con la “macchietta” della centralinista dai ritmi sincopati e metallici capace di passare senza soluzione di continuità dal call center del RadioTaxi a quello del Televoto e delle compagnie telefoniche. Unica.

7 a MALIKA AYANE

La classe, sì. La voce, sì. Il birignao alla Wandissima, sì. Il fatto è che anche lei è stata colpita dalla sindrome di Nanni Moretti, le sue canzoni sono tutte uguali. Come i film del regista.

7 ad AL BANO E ROMINA

Nostalgia canaglia allo stato puro. Rieccoli sul luogo delitto. Ma trent’anni dopo, con tutte le inevitabili conseguenze (nero Pavarotti nei capelli di lui, voce definitivamente scomparsa nei gorgheggi di lei). Cantano nel tripudio generale la “Felicità” di un’Italia del Mulino bianco che non c’è più e per questo inseguita da tutti nei ricordi. Ecco perché funzionano a prescindere.

7 a GIORGIO PANARIELLO

Ha portato Renato Zero al festival dopo anni. Ma anche la satira che non ha paura della mafia e dei potenti. Altro che Mario il bagnino. Risate con rabbia.

7 a MARCO MASINI

Buona canzone, buona interpretazione, buona presenza scenica. Bentornato Marco!

6 e tre quarti a LUCA E PAOLO

Politicamente scorretti, ma fondamentali per smuovere la calma piatta matterelliana che aleggiava sulla kermesse. E scusate se è poco

6 e mezzo a GABRIELE CIRILLI

Irresistibile e caciarone. La sua verve comica alla viva il parroco ha vinto anche a Sanremo. Ma un errore l’ha fatto: ha lasciato a casa Tatiana e il coreano Gangnam style. Con loro sarebbe stata l’apoteosi.

6 e mezzo a CHIARA

Fresca, in tiro, sorridente, La vincitrice di un X Factor passato è molto cresciuta professionalmente e il suo brano anche se non sarà “Straordinario”, ha un ritornello facile che esalta la sua voce. La presenza più alla mano ma con i tempi giusti dell’Ariston.

6+ a CONCHITA WURST

Donna baffuta sempre piaciuta. Se poi ci metti la barba ancora di più. Così per farsi notare la drag queen austriaca si è adeguata al noto detto. Senza il pelo superfluo sarebbe stata una delle tante e la sua grande voce, magari sarebbe passata inosservata. C’ha visto lungo insomma, Barbanera di nome e di fatto, come il veggente.

6+ ad ARISA

Ha giocato alla finta tonta, ruolo che le riesce perfettamente. Ma almeno ha dato un pizzico di brio un palco troppo noioso. E’ in ogni caso da consumarsi lontano dai pasti. Leggere attentamente le istruzioni prima dell’uso.

6+ a GRAZIA DI MICHELE E MAURO CORUZZI

La testa calva sudata, la barba lunga quel tanto che basta e Platinette senza maschera si è svelato un uomo solo che si confessa in salotto. In questa strana coppia lei gli ha fatto il controcanto, perché la scena, per una volta senza clamori, è tutta per lui. Troppo raffinati per la massa. Sono arrivati infatti ultimi.

6 a MORENO

L’unico rapper a Sanremo, ma purgato da eccessi verbali e parolacce. E l’esibizione ne risente. Un po’ Tiberio Murgia dei Soliti ignoti con quel baffetto da sparviero, un po’ l’omonimo ventriloquo Luis Moreno, ha comunque retto il palco meglio del corvo Rockefeller.

6 ad ANNALISA

Non c’è due senza tre. Anche stavolta non è riuscita a lasciare il segno. Come un Brunetta qualsiasi. Dispiace però, perché la pupilla di Maria de Filippi è brava e ha voce. Manca però di espressività. La Luna consiglia: corsi accelerati.

6 ai DEAR JACK

Erano fra i favoriti. Soprattutto dai giovani “Amici”. Ma si sono sciolti come neve al sole. Da grandi vogliono fare i Modà, ma i doppioni delle figurine di solito si danno via subito.

6- a EMMA

L’hanno vestita in tutti i modi, da bambola sul comò, da principessa Layla di guerre stellari, da sposa bambina. La dovevano lasciare rocchettara almeno sarebbe stata più vera. Fuori agio al massimo, come Frizzi a un convegno dell’Accademia della Crusca, speriamo che torni a cantare subito.

5 a RAF

Cosa resterà di questo cantautore degli anni Ottanta al festival? Nulla. E tanta tristezza nel vederlo così. Provaci ancora Raf:

5- a FRAGOLA

Nel giro di pochi giorni è passato da concorrente (e vincitore) di X Factor a Big, una rapidità che manco Renzi. Voce acerba anzichenò dice d’ispirarsi a Modugno. Certo, come Martufello a Marlon Brando.

5 – – a BIGGIO E MANDELLI

Vabbè, so’ i Soliti idioti che gli vuoi dire? Hanno provato a rifare Cochi e Renato, ma hanno confermato che la loro idea è stata proprio una “Vita d’inferno”. Dietro la lavagna.

5- a ANNA TATANGELO

Quando la valletta Emma ha ricordato al pubblico che la signora D’Alessio era stata già sei volte sul palco dell’Ariston, molti hanno avuto uno sturbo. Perché ricordare agli italiani che tra le croci che li affliggono (Imu, Marzullo, la Panda di Marino), c’è anche lei? Crudeltà allo stato puro. Canta “Libera”. Sì, libera nos a malo. Come il televoto ha decretato del resto.

5- a BIANCA ATZEI

Atzei chi? Quando è stata annunciata la prima sera, molti hanno pensato che si fosse fra i debuttanti delle Nuove proposte, invece era la meno big dei big. Ma alla fine ha vinto anche lei, sì, il Premio Wikipedia. Ha avuto l’onore infatti di una biografia sulla enciclopedia on line che finora l’aveva ignorata (l’unica sui 20 in gara). E ho detto tutto.

[b]5- – a ROCIO MUNOZ MORALES[/b]

Se fosse rimasta in Spagna non avremmo perso nulla. Un conto è la fiction con Don Matteo mascherato da guardia forestale, un conto il bello della diretta. Di una freddezza unica. Miguel Bosè nel “Tacchi a spillo” di Almodovar in confronto è la Callas. Del suo Sanremo non si ricorderà nulla, solo le lacrime al momento della chiusura. E te credo, quando je recapita ‘na botta de vita come questa?

5- – a LARA FABIAN

E’ rimasta alla tv in bianco e nero e al telefono a gettone. Un po’ Santanchè un po’ Dalida, la Celine Dion della porta accanto ha sicuramente “Voce”, ma il pezzo viene direttamente dagli anni Cinquanta. Del resto da piccola giocava a nascondino con Paolo Limiti, con la Pampanini andava in colonia al mare e catechismo la faceva da Padre Mariano. Oggetto cult, la gondola dentro la credenza

4 e mezzo a NESLI

Aridatece er rapper de nonatri. La trasformazione da parte del fratello di Fabri Fibra in cantautore riesce in parte. Molto lumacone, scimmiotta il Vasco delle ballad, ma troppa pappa al pomodoro deve mangiare. Provaci ancora amico, del resto non è mai troppo…Tarducci.

4 a GIANNA NANNINI

Don Backy che dopo 50 anni cominciava a riprendersi dalla sòla di Celentano, quando l’ha sentita strapazzare “L’immensità” è rientrato nella catalessi. Quando i telespettatori invece l’hanno sentita steccare alla grande “Sei nell’anima” hanno avuto un sussulto immediato. E in molti hanno precisato quale fosse l’anima invocata. Soprattutto quelli romani.

4 a GIOVANNI ALLEVI

Sarà un genio, e lo è. Sarà un grandissimo musicista, e lo è. Sarà un finto finto ingenuo, e lo è. Ma è anche vero che un Allevi che suona il piano all’una di notte dopo quattro ore di lazzi e varia umanità, è ‘na mazzata pazzesca.

4 a JOE BASTIANIC

Dopo l’aglio nella amatriciana di Cracco, era da temere una sua rivisitazione dei carciofi alla giudia con la cioccolata. Ma l’aristochef non si è avventurato e ha preferito esibirsi. E qui è cascato il sugo sui pantaloni a chi cenava in casa mentre vedeva il festival. Joe ha starnazzato “Quando quando quando”. E il suo “Vuoi che io moro?” gli si è ritorto contro.

[b]4 ad ALESSANDRO SIANI[/b]
E’ il re del botteghino. E dopo averlo ascoltato si capisce perché il nostro cinema sia in crisi. Ha sciorinato una serie di battute da oratorio che se le avessero proposte Ric e Gian dei tempi d’oro, gli avrebbero lanciato i pomodori. Poi, dopo aver preso in giro due anziani, ha ironizzato su un bambino in sovrappeso, scadendo nel cattivo gusto. La notizia del cachet devoluto in beneficenza gli ha permesso di recuperare dalla pesante gaffe. Ma la fritta era fatta. Con le uova marce.

3 ad ANGELO PINTUS

Invece di phonarli da una parte, può mettersi pure i capelli come Moira Orfei, tanto non fa ridere a prescindere. Ma è giusto così. I suoi venti minuti di “comicità” sono serviti ai telespettatori per lo stop and go del pisolino, un toccasana per arrivare fino in fondo.

3 a CLAUDIO AMENDOLA E LUCA ARGENTERO

Come i frigoriferi per gli eschimesi. Inutili.

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